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La chiesa di Renate

La chiesa di Renate e il matrimonio del figlio di Alessandro Manzoni

La chiesa di Renate è stata, intorno alla metà del XIX secolo, teatro del matrimonio di uno dei figli di Alessandro Manzoni, Enrico. Sposatosi con l’ereditiera brianzola Emilia Redaelli, il rampollo dell’autore dei Promessi Sposi passò in pochi anni dalla ricchezza alla povertà più disperata. Qui trovi la storia della sua esistenza inquieta e tragica.

La storia tragica di Enrico Manzoni

Sapevi che uno dei figli di Alessandro Manzoni si sposò nella chiesa di Renate? Si trattava di Enrico Manzoni, il secondo figlio maschio dell’autore dei Promessi Sposi: dopo il matrimonio, andò incontro a infinite disavventure in una vita così ricca di colpi di scena che potrebbe essere raccontata in un film.

La gioventù

Enrico Manzoni – figlio di Alessandro Manzoni e di Enrichetta Blondel – nasce il 7 giugno del 1819 a Brusuglio, vicino a Milano, dove il padre possiede una fattoria di campagna, residenza estiva della famiglia Manzoni.

La scelta del nome Enrico – come lo zio materno Enrico Blondel – è frutto della volontà di Alessandro Manzoni di riconciliarsi con la famiglia della moglie, con la quale erano sorti dissidi dopo l’abiura al calvinismo da parte di Enrichetta.

Portato a Parigi quando è poco più che un neonato, Enrico si rivela di salute cagionevole e gracile: ma questa è solo la prima di una lunga serie di preoccupazioni che causerà al padre.

“Cresce e studia parecchio, ma per ora non migliora neppur un poco nel modo di esprimersi e non ha comunicativa”: così scrive mamma Enrichetta (citata da Luigi Viganò in Squisitezze e fallimenti del Manzoni di Renate nel n. 44 di Brianze del luglio 2007). Insomma, il giovane Enrico si applica ma non è intelligente.

Lo dimostra crescendo, e spendendo tanti – troppi – soldi al gioco: un’abitudine che condivide con il fratello Filippo, il quale in seguito finirà addirittura in carcere per un debito non onorato.

Il matrimonio nella chiesa di Renate

Intorno ai vent’anni Enrico viene inviato a Lione affinché possa acquisire dimestichezza con l’arte della seta.

Poco dopo si sposa con Emilia Redaelli: è il 1843 (o, secondo altre fonti, il 1842). Il matrimonio si svolge nella chiesa di Renate, il paese di origine di Emilia.

La Chiesa dei Santi Donato e Carpoforo a Renate e il matrimonio di Enrico Manzoni
La chiesa di Renate in cui si celebrò il matrimonio di Enrico Manzoni ed Emilia Redaelli

Costei è una nobile e ricca ereditiera, che porta in dote non solo un ricco patrimonio di 300mila lire austriache, ma soprattutto una dimora lussuosa, in cui i due vanno ad abitare.

Si tratta della residenza oggi conosciuta come Villa Cagnola Mazzucchelli, che era stata costruita nella seconda metà del XVIII secolo su progetto di Giuseppe Piermarini (il “papà” della Villa Reale di Monza e della facciata del Teatro La Scala di Milano); all’epoca, è circondata da un grande parco (con frutteto) che si estende su una superficie di oltre 10 ettari.

Il matrimonio di Enrico Manzoni a Renate, però, non è ben visto da papà Alessandro e dal resto della famiglia: hanno paura – a ragion veduta, si potrà dire con il senno di poi – che, adeguandosi allo stile di vita della moglie, egli finisca per dilapidare tutto il proprio patrimonio. D’altro canto, la spregiudicata Emilia non fa niente per porre un freno alle idee e ai progetti del marito.

L’unica a sostenere Enrico è la sorella Sofia: e infatti la ragazza, con il marito Lodovico Trotti Bentivoglio (con il quale vive a Verano), è spesso ospite della villa renatese. Sofia, più piccola di sette anni rispetto a Emilia, mostra nei confronti della cognata una vera e propria devozione, dichiarandosi sua “sincera amica” e “affezionatissima sorella”.

Già pochi mesi dopo il matrimonio, Enrico deve fare i conti (anche in senso letterale!) con le prime disavventure economiche in cui incappa: inizia pertanto a chiedere aiuto qua e là.

Impegnato nel commercio di bachi da seta, si dedica a imprese fin troppo coraggiose – per non dire incaute – che lo inducono addirittura a chiedere un anticipo sull’eredità della nonna (Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria e mamma di Alessandro Manzoni). E non una volta sola!

È proprio Sofia, che nei confronti di Enrico ha sempre avuto una predilezione particolare, a convincere il fratello Pietro e il papà Alessandro a concedere quell’anticipo.

Dovendo mantenere nove figli, Enrico attinge anche al patrimonio della moglie; ma ben presto anche quelle risorse si esauriscono.

Papà Alessandro fa quel che può per aiutarlo: gli fa arrivare cataste di legno per il riscaldamento invernale, manda una sarta per vestire i nipoti (ma Enrico la manda via sdegnato), invia cesti di frutta e polli.

Sono piccole toppe che, però, non riescono a coprire un gigantesco buco finanziario.

Intorno al 1855, la situazione economica di Enrico peggiora in maniera irreversibile, al punto che i suoi creditori non possono far altro che rivolgersi al padre.

A partire dal 1859, Alessandro Manzoni inizia a ricevere ogni anno un vitalizio pari a 12mila lire conferitogli da Vittorio Emanuele II per le benemerenze maturate in ambito culturale: egli decide di usare una parte di quei soldi per aiutare lo scapestrato Enrico e soprattutto i suoi figli, che vengono mandati in collegio a spese dello scrittore.

Abbandonata la villa renatese, Enrico va a vivere in un’abitazione molto più modesta a Casatenovo. Alessandro Manzoni entra in contatto con il parroco del paese, don Saulle Miglio, e gli affida la gestione delle finanze del figlio.

L’addio a Renate

Ma se Alessandro risparmia e fa economia, Enrico continua a scialacquare, quasi ignorando ciò che gli sta accadendo, come dimostra il noleggio di un pianoforte tenuto in casa a Casatenovo (d’altra parte, quel noleggio non viene comunque pagato).

Nel 1863, quando il fondo sembra essere stato toccato, Enrico vende la villa di Renate: ad acquistarla è Giovanni Mazzucchelli, all’epoca residente a Milano.

I figli di Enrico vanno ad abitare poco lontano, a Torricella (oggi frazione di Monticello Brianza), e ad occuparsi della loro educazione da quel momento è il nonno Alessandro.

Enrico, invece, in condizioni disperate si trasferisce in una casa di ringhiera di Milano, in via San Vittore, all’epoca zona periferica della città.

Tornato a Casatenovo, si sposta poi a Bizzarone e nel Canton Ticino, a Stabio, in affitto in un albergo. Ma, ovviamente, nemmeno si sogna di pagare la pigione: e così l’albergatore si vede obbligato a scrivere ad Alessandro Manzoni, ormai quasi 80enne, per reclamare quanto gli spetta.

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I rapporti tra padre e figlio, pertanto, si fanno sempre più tesi. Nel 1865, Enrico scrive ad Alessandro: “Credo di poter dire francamente che in un momento di tanti dolori per me, il vedermi non solo abbandonato, ma vilipeso, calunniato, umiliato, è cosa che sorpassa ogni credenza”. La reazione del padre è amara: “Rispondo ai diversi capi della tua ultima, che non so come qualificare. […] Ti chiami poi abbandonato; e nella tua lettera antecedente, m’avevi detto di non potermi nulla rispondere sull’aiuto materiale di cui ti parlavo, non avendoti nulla detto in proposito la tua bona Enrichetta [una delle figlie di Enrico, nda]. Alludevo a 100 lire ad essa per te, e delle quali, bona com’è davvero, mostrò la più cordiale riconoscenza in tuo nome, e che furono da essa affidate a Filippo che o te ne ha reso o te ne renderà conto se vuoi. E mi pare che tu dovessi ben credere che la spesa pagata all’Albergo, e le altre fatte per te in quei dolorosi momenti, non le avrebbe potute fare del suo. Aggiungi lire 60 da me rimborsate all’Enrichetta medesima, che le aveva anticipate a te o per te. E questo dieci giorni dopo averti date le L. 180 per l’Agosto, e 20 di straordinario. […] E poichè tu mi costringi a non ometter nulla, devo, con gran repugnanza, metter in conto altre lire 200 che ho date, che dovevo dare, quand’anche avessi dovuto vender la camicia, per la più dolorosa delle cagioni.[…] È dunque mia intenzione, senza prendere nessun impegno, di continuare a darti il sussidio settimanale di L.re 42 (in vece del mensuale che era stato sostituito) e il sussidio annuo di L.re 600, e di pagarti la pigione, e di mandarti la legna, e altri prodotti, come per lo passato. Ma è anche mia intenzione definitiva e immutabile di non passare in nessun caso questo limite che è già troppo largo riguardo ai miei mezzi. A te tocca fare i tuoi conti in proporzione”.

Anche altri parenti cercano di aiutare Enrico: non c’è più il fratello Filippo (suo compagno di gioco d’azzardo in gioventù), ma a sovvenzionarlo ci pensa l’altro fratello Pietro. La cugina Enrichetta Garavaglia, invece, gli fa arrivare indumenti per le figlie, che già in più di un’occasione si sono ritrovate a non poter uscire di casa proprio perché prive di vestiti.

Nell’estate del 1870 Enrico Manzoni viene diseredato dal padre.

In seguito il suo girovagare prosegue, prima a Firenze e poi a Milano. Alessandro Manzoni continua ad aiutarlo a distanza, e gli fa avere un lavoro di commesso alla Biblioteca Braidense: ma Enrico a lavorare ci va poco, anche per colpa dei problemi alla vista che lo affliggono.

Trasferito alla Biblioteca Nazionale Centrale a Roma, vi rimane per un anno, abitando nel frattempo a casa di suo figlio Alessandro (che, al pari dei suoi fratelli, era stato battezzato nella chiesa di Renate).

La chiesa parrocchiale di Renate
La chiesa di Renate, dove Enrico Manzoni si sposò e fece battezzare i propri figli

Nel 1881 Enrico viene collocato a riposo; il 28 ottobre di quell’anno, muore all’età di 62 anni.

E la moglie Emilia Redaelli? Il 1° marzo del 1896 la donna viene internata – forse con la complicità del figlio Alessandro – nel manicomio di Mombello: è qui che muore, poche settimane dopo, a causa di un’emorragia cerebrale.

Si conclude così tragicamente la storia di quel matrimonio celebrato nella chiesa di Renate.

La chiesa di Renate in via Vittorio Emanuele
La chiesa di Renate oggi

Chiesa di Renate: come arrivare

La chiesa di Renate, dedicata ai Santi Donato e Carpoforo, si trova in via Vittorio Emanuele 8.

La chiesa di Renate
La Chiesa dei Santi Donato e Carpoforo

Se hai in mente di visitarla e scegli di arrivare a Renate in auto, puoi lasciare la macchina nei parcheggi di via Vittorio Emanuele, proprio di fianco alla chiesa.

Preferisci arrivare a Renate in treno? Allora puoi fare riferimento alla stazione di Renate Veduggio. Uscito dalla stazione, gira a destra in via Roma e percorri questa strada fino in fondo; quindi, svoltando a destra in via Vittorio Emanuele, vedrai la chiesa alla tua sinistra.

Infine, nel caso in cui tu decida di arrivare a Renate in autobus, ti conviene utilizzare la linea Z242 e scendere alla fermata Di Vittorio (Chiesa), che si trova proprio davanti alla chiesa.

Che cosa vedere a Renate

Ora che hai conosciuto la storia di Enrico Manzoni, che ne diresti di visitare la chiesa di Renate e magari concederti una passeggiata in paese? Il post qui sotto ti propone un itinerario che ti permette di scoprire che cosa vedere a Renate, segnalandoti tutti le location più interessanti fra monumenti e sentieri immersi nella natura.

Che cosa fare a Renate: guida per turisti





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