Il santuario di Vergo Zoccorino, a Besana in Brianza, ospita un bassorilievo che raffigura un santo sconosciuto ai più. Si tratta di San Mamete, oggi considerato il patrono delle nutrici: nacque in prigione (dove la madre si trovava perché cristiana) e morì da martire nel 275. Ecco la sua storia (e quella della chiesa zoccorinese).
Tutto quello che ti serve sapere
Il culto di San Mamete nel santuario di Vergo Zoccorino
Il santuario di Vergo Zoccorino a Besana in Brianza, conosciuto anche come Chiesa della Beata Vergine Immacolata, ospita al proprio interno un rilievo che raffigura San Mamete (Mamètt, in dialetto brianzolo).
Il santo è immortalato nell’atto di versare latte a una donna che gli porge un bambino.
San Mamete, infatti, in passato veniva invocato – in Brianza ma anche in altre zone d’Italia – dalle mamme che avevano problemi con l’allattamento dei propri piccoli.
Come scrive Franca Pirovano nel volume Sacro, magia e tradizioni in Brianza, il “rituale compiuto un tempo dalle donne che chiedevano la grazia di un buon allattamento” aveva origini antiche: probabilmente rappresentava la cristianizzazione di un rito più arcaico, correlato al culto delle sorgenti.
Secondo la consuetudine, la puerpera devota raggiungeva la chiesa di San Mamete portando in dono pane e formaggio: un’offerta appropriata per chiedere il cosiddetto pan di fioeu, cioè il latte materno, a un santo pastore.
La donna appoggiava il pane e il formaggio sull’altare e li lasciava lì per qualche secondo; dopodiché usciva dalla chiesa e li porgeva alla prima persona che incontrava. San Mamete a quel punto, per ricambiare l’omaggio del pane offerto a suo nome, avrebbe concesso alla puerpera di allattare senza difficoltà.
Riprendendo sempre le parole di Franca Pirovano, il rito “aveva un valore penitenziale, perché faceva conoscere una condizione della donna che allora appariva umiliante”: in altre parole, una puerpera che non poteva allattare in maniera ottimale non poteva essere considerata una buona madre né una brava nutrice, secondo i valori della cultura contadina.
Una tradizione simile, per altro, era diffusa alla fine del XIX secolo anche in Portogallo: qui le donne che auspicavano un allattamento agevole portavano a una fonte vino e pane, attendendo che venissero raccolti dal primo passante.
Molte donne besanesi, curiosamente, pensavano che Mamete fosse una donna e non un uomo, forse perché il nome richiamava la mammella, o anche a causa dell’iconografia del santuario di Vergo Zoccorino, dove il santo è rappresentato con lunghi capelli biondi e una tunica indosso.
In Brianza, oltre che a Vergo Zoccorino il culto di San Mamete era presente anche a Sirone: qui le puerpere senza latte si recavano nella Chiesa di San Pietro e accendevano un lumino davanti al dipinto che rappresenta il santo dietro le sbarre, canuto e vecchio.
Chi era San Mamete
Mamete di Cesarea era un pastore della Cappadocia, e subì il martirio nel III secolo.
Il suo culto è molto antico, e in Italia si è diffuso per l’opera dei missionari orientali che contribuirono alla diffusione del cristianesimo.
Nato da una famiglia di nobili cristiani in Asia Minore nel 263, Mamete rimase presto orfano poiché i genitori andarono incontro al martirio.
A quindici anni venne accusato dall’imperatore Aureliano e sottoposto a tortura perché cristiano; scappato nel deserto, condusse vita solitaria.
Di tanto in tanto tornava in città per vendere latte di capra e donare ai poveri il ricavato. Nuovamente fatto prigioniero, fu ucciso il 17 agosto.
Riprendendo le parole del libro Vergo Zoccorino. Du paes e un coeur sol, “la sua devozione era manifestata dalla gente di Zoccorino con una manifestazione alla seconda domenica di agosto con una semplice e spontanea testimonianza di fede, e non come le feste attuali che sono più dei festival che il rinnovamento del proprio credo. Ora questa festa rimane solo nel ricordo dei nostri vecchi”.
Curiosità. Il 15 settembre del 1953 fu fondata la Società Ciclistica Zoccorinese, nata con l’obiettivo di consentire ai ragazzi del paese di dedicarsi al ciclismo, lo sport più in voga all’epoca, grazie alle imprese di campioni come Coppi e Bartali. La prima gara, che andò in scena il 21 agosto del 1955 a Zoccorino su un circuito di 2.6 chilometri, fu chiamata proprio S. Mamete.
La storia del santuario di Vergo Zoccorino
Il santuario di Zoccorino in origine era noto come Oratorio di San Zenone.
Le prime testimonianze scritte che lo riguardano risalgono alla seconda metà del XVI secolo, e si riferiscono alle visite pastorali avvenute nel 1566, nel 1578 e nel 1584.
Al tempo si trattava di un oratorio campestre, circondato dai resti di un antico cimitero, realizzato con tutta probabilità nell’XI secolo dalle famiglie zoccorinesi.
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Per trovare altri documenti riguardanti questa chiesa dobbiamo compiere un salto in avanti nel tempo di un secolo e mezzo, per arrivare al 1725.
A questa data risale, infatti, un documento in cui si parla di un “oratorio col tetto fatto a volta, abbastanza ampio e decoroso”, dedicato appunto a San Zenone, in cui si celebrava, per sei mesi all’anno, una messa alla settimana, “in virtù del legato Giuseppe Perego istituito il 13 agosto 1614”.
Intorno alla metà del XVIII secolo, nella chiesa fu eretta una cappella dedicata alla Beata Vergine Immacolata: è in questo periodo, dunque, che la chiesa venne intitolata alla Beata Vergine.
La chiesa fino al XIX secolo era dotata di una navata sola, con l’altare aderente alla parete e un’icona lignea della Madonna con Bambino all’interno di una nicchia, circondata da bassorilievi dei Misteri del Rosario.
Nel 1875, poi, su impulso di don Gerardo Salvioni si procedette alla ricostruzione della chiesa, ormai troppo piccola per una popolazione sempre più numerosa: l’edificio divenne a tre navate.
Tredici anni più tardi fu realizzato il campanile, progettato da Tiberio Sironi. Nel 1930, invece, venne abbattuto e ricostruito il coro, più lungo di qualche metro.
Il 22 agosto del 1954 la chiesa fu trasformata in santuario, e cinque anni più tardi venne incoronata l’effigie della Beata Vergine Immacolata, con una corona realizzata con 520 grammi di oro e 480 grammi di argento raccolti tra la popolazione.
La cappellina di San Mamete si trova, come riporta il volume Vergo Zoccorino. Du paes e un coeur sol, “al lato sinistro dell’altare maggiore del Santuario. Questa cappellina è l’esempio più evidente dell’antica religiosità della nostra gente della Brianza che ha sempre sentito la necessità di manifestarsi verso Santi popolari […], che talvolta erano soggetto a credenze non lontane dalla superstizione ma in definitiva solidamente ancorate a fondamentali principi morali”.
Santuario di Vergo Zoccorino: come arrivare
Il santuario di Vergo Zoccorino si trova in via Ferrante Brioschi (di fronte al civico 25) a Besana in Brianza.
Se vuoi visitarlo e hai in mente di arrivare a Besana in Brianza in auto, puoi lasciare la macchina in uno dei parcheggi di via Ferrante Brioschi di fianco al civico 23.
Qualora tu decida di arrivare a Besana in Brianza in treno, puoi fare riferimento alla stazione di Villa Raverio. Uscito dalla stazione, gira a sinistra in via Volta e dopo la rotonda continua andando dritto in via Matteotti. Segui questa strada fino a una grande rotonda, e qui vai ancora dritto lungo via IV Novembre. Giunto all’incrocio con via Ferrante Brioschi, gira a sinistra: dopo pochi metri, vedrai il santuario alla tua sinistra.
Infine, puoi scegliere di arrivare a Besana in Brianza in autobus: in questo caso, puoi utilizzare le linee Z232 o Z242 e scendere alla fermata Vergo – Brioschi 4. Da qui, lasciati i numeri civici dispari alla tua sinistra e procedi lungo via Ferrante Brioschi, fino a che non vedrai il santuario alla tua destra.
Che cosa vedere a Besana in Brianza
Partendo dal santuario di Vergo Zoccorino, potresti concederti una passeggiata alla scoperta di tutte le frazioni di Besana in Brianza. Cliccando sul post qui sotto, troverai un itinerario già pronto, che ti indica tutti i posti da vedere a Besana in Brianza.
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