Takahide Sano è stato uno dei personaggi più famosi della tv italiana della seconda metà degli anni Novanta. Lasciato il piccolo schermo, ora abita a Lentate e lavora a Meda: un gran cambiamento per lui che è cresciuto a Tokyo e ha vissuto a Milano. L’ho intervistato per conoscere la sua storia più da vicino.
Takahide Sano oggi vive in Brianza come designer, ma tra il 1996 e il 2001 è stato uno dei volti di punta di Quelli che il calcio: in onda prima su Raitre e poi su Raidue, la trasmissione condotta da Fabio Fazio era vista ogni domenica da milioni di persone. Cordiale e sorridente come appariva in televisione, Takahide mi ha raccontato la sua storia e… non solo.
Da quanto tempo vivi in Brianza?
“Da una quindicina di anni, circa. Prima vivevo e lavoravo a Milano; poi un mio collega mi ha proposto di andare a vivere in affitto in una casa che aveva a Meda, e così mi sono trasferito con la mia famiglia. Per qualche anno ho continuato a lavorare a Milano, facendo vita da pendolare; poi ho aperto il mio studio a Meda (lo Studio Sano, in viale Francia 55, nda). Ora comunque non vivo più a Meda, ma a Lentate”.
Dove?
“A Meda vivevo in via Milano, vicino all’incrocio con via Seveso. A Lentate, invece, ho preso casa a Copreno. Sono a pochi passi da Parco delle Groane, al mattino mi piace concedermi una passeggiata nei boschi”.
Che impressione hai avuto della Brianza quando ti sei trasferito da Milano?
“All’inizio la zona mi sembrava un po’ troppo spenta; tieni presente che vivevo a Milano, ma io sono nato e cresciuto a Tokyo. La vita in una metropoli è diversa, insomma. Qui a una certa ora chiude tutto. Però poi mi sono abituato, è il prezzo da pagare per vivere in un luogo tranquillo”.
Come mai da Milano ti eri spostato in Brianza?
“Tante ragioni, in realtà. All’epoca mio figlio più grande era in prima elementare e mia figlia più piccola andava all’asilo, e la zona in cui stavamo a Milano mi sembrava un po’ pericolosa; quindi ho pensato di trasferirmi. In più i prezzi degli affitti erano diventati troppo alti, sia per la casa che per l’ufficio. E sono contento della decisione presa, anche per i bambini. Per esempio la scuola elementare di Meda che ha frequentato mio figlio (la Diaz) era nettamente migliore di quella di Milano, più grande e con più spazi per fare ginnastica”.
La decisione di aprire uno studio a Meda è venuta di conseguenza?
“Ma sai, una volta il centro di tutto era Milano; adesso non è più così. Anzi, forse essere a Meda è perfino meglio che essere a Milano: qui non ci sono problemi di traffico, di Area C, di parcheggio. Perché poi alla fine per spostarti sei costretto a prendere la macchina, non puoi fare affidamento sui mezzi pubblici e sui loro orari. Non è come in Giappone (ride, nda)!”.
Che differenze hai riscontrato tra la Brianza e Milano?
“Qui c’è il verde, lì c’è il cemento. Milano è il caos, come Tokyo; qui la vita è tranquilla. Anche perché il mio lavoro di designer è diverso rispetto al passato. Una volta Internet non c’era, e quindi per le attività di ricerca era praticamente obbligatorio spostarsi tra negozi e showroom. Adesso con la Rete non ce n’è più bisogno: quindi è meglio abitare in mezzo al verde. Ah, e poi a Milano andavo al cinema tutti i giorni, mentre qui è più difficile: per fortuna è arrivato Internet e mi ha salvato!”.
Quali sono i tuoi posti preferiti in Brianza?
“Gli affreschi dell’Oratorio di Santo Stefano a Lentate sono bellissimi. Ma amo anche Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno: quando vengono a trovarmi i miei amici dal Giappone, per loro prenoto sempre l’hotel ospitato dal palazzo, e una passeggiata nel parco è d’obbligo. Mi ha affascinato anche il Castello di Carimate, che ho frequentato quando ospitava un ristorante”.
Che rapporto hai con la Brianza?
“Beh, io sono un designer, quindi non può che essere un rapporto speciale. Città come Meda e Cantù sono la patria del design. Se non ci fosse stata la Brianza, non sarebbe mai esistito il Salone del Mobile”.
Che cosa manca al territorio, secondo te?
“Dal punto di vista delle attività culturali si potrebbe fare meglio. Diciamo che tra musei, spettacoli e teatri l’offerta potrebbe essere più ricca. Certo, per trovarli devi spostarti di 20 chilometri, non di 100; ma è comunque una lacuna. Compensata comunque dalla possibilità di stare a contatto con la natura”.
A te che sei di Tokyo non posso non chiedere: come sono i ristoranti giapponesi in Brianza?
“Ehm, diciamo tutti… falsi. Di giapponese non c’è nulla. In teoria dovrebbero cucinare sushi, ma non è così. Anche perché la varietà di pesce è davvero modesta, solo salmone e due o tre altre scelte. Il vero sushi giapponese si prepara con centinaia di pesci differenti. Qui non è così; solo a Milano ci sono locali affidabili da questo punto di vista”.
Infine, ti domando: che cosa pensi della Brianza?
“Dicono che è la patria del design, ma non si vede: da che cosa si dovrebbe capire? Bisognerebbe valorizzare questa specificità, sarebbe importante costruire qualcosa. Ecco, questa è una mancanza. Arrivi a Meda e leggi ‘Benvenuti a Meda, centro del mobile’. A quel punto ti aspetteresti di trovare qualcosa che lo dimostra, no? E invece nulla, non c’è niente da vedere”.
Che cosa si potrebbe fare?
“Ci vorrebbe una collaborazione tra le istituzioni e le aziende; le stesse imprese dovrebbero cooperare da questo punto di vista. Io vorrei vedere la forza della Brianza, qui ci sono un sacco di aziende famose; ma per un turista non c’è una ragione per venire qui. Ci sono le aziende, ok, ma non è che si possano visitare. Servirebbe un museo che raccontasse il territorio e la sua importanza per il design. Alla fine l’Italian design è nato proprio qui, anche se ovviamente ai tempi non si usava la parola design”.
Se lo dici tu che sei del ramo e hai uno sguardo esterno, direi che è una constatazione da prendere in considerazione.
“Manca un racconto storico della Brianza e del suo ruolo in questo settore. A mano a mano che le aziende chiudono, la memoria si affievolisce. C’è bisogno di un po’ di orgoglio brianzolo, perché nessuno tiene vivo il ricordo? Non c’è nulla che parli ai turisti del design in Brianza, e questo è un peccato”.
Grazie, Takahide!
Nel corso di questa intervista si è parlato di Meda e di Lentate sul Seveso: che ne dici di scoprirle meglio? Nel post qui sotto ti aiuto a conoscere Meda, per esempio.
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