Home » Brianza » Frazioni di Besana in Brianza: Vergo Zoccorino
Vergo Zoccorino, la chiesa parrocchiale

Frazioni di Besana in Brianza: Vergo Zoccorino

Una delle frazioni di Besana in Brianza più suggestive è Vergo Zoccorino: una realtà immersa nella natura, con splendide dimore storiche, antiche chiese e tante altre bellezze da ammirare. Leggi questo post per conoscere la sua storia: un viaggio all’indietro nel tempo che ti farà scoprire i mestieri di una volta e tradizioni ormai dimenticate.

Frazioni di Besana in Brianza: la storia di Vergo Zoccorino

Un tempo il paese di Vergo Zoccorino, che oggi rappresenta una delle frazioni di Besana in Brianza, era formato da tre centri: il più importante era Vergo; poi c’era Zoccorino, che però era meno abitato; e infine Santa Caterina, che sorgeva intorno alla chiesa vecchia intitolata, appunto, alla santa.

Le ipotesi relative alle origini del nome Vergo sono molteplici: qualcuno fa riferimento a una correlazione con il nome latino Virgu; altri identificano una corrispondenza con il termine Verga, che indicava il colera (o, secondo fonti diverse, la collera – c’è differenza!); altri ancora chiamano in causa Vercana o Vergana, una divinità gallica.

Più chiaro, invece, è il significato di Zoccorino (o Zuccorino, come dicono gli abitanti del posto): non è che il diminutivo della parola Zucco, cioè poggio, a indicare la posizione rialzata del centro abitato.

Frazioni di Besana in Brianza, il Monumento ai Caduti di Vergo Zoccorino
Il Monumento ai Caduti di Vergo Zoccorino

Nel Medio Evo Vergo faceva parte del feudo di Agliate, che apparteneva alla famiglia dei Confalonieri (il loro cognome, Confalonieri, derivava dal diritto ereditario di portare il gonfalone della Chiesa Ambrosiana). Costoro risiedettero a Vergo sin dal 1426, nei palazzi che si affacciavano di fronte alla chiesa vecchia, dedicata a Santa Caterina.

[Se vuoi conoscere altri angoli magici e sorprendenti di Brianza, diventa follower della pagina di Viaggiare in Brianza su Facebook: puoi trovare ogni giorno foto, racconti, curiosità e suggerimenti per le tue passeggiate!]

Il culto di Santa Caterina di Alessandria, in questa parte della Brianza, era tanto diffuso quanto antico: lo dimostra la costruzione di una piccola chiesa dedicata alla santa a Besana già nel IX secolo.

La chiesa di Vergo, tuttavia, in origine non era intitolata a Santa Caterina ma a Gervaso e Protaso, martiri milanesi: infatti, nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero del 1288 si fa riferimento a una chiesa dedicata ai Santi Gervaso e Protaso “in loco Vergi”. Non è noto quando a Protaso e Gervaso sia stato affiancato il nome di Santa Caterina. Di certo, però, nel maggio del 1567 l’oratorio di Santa Caterina venne ridedicato a Gervaso e Protaso ed elevato a dignità parrocchiale.

Primo parroco, a partire dal 1567 e fino al 1588, fu Francesco Besozzi, descritto da San Carlo Borromeo come “molto secolarizzato”, amante del gioco delle carte, “molto balbuziente e poco devoto”.

In passato a Vergo, in fondo a quello che oggi si chiama vicolo Santa Maria, c’era un monastero di frati umiliati. In via Pellico era presente uno stemma del monastero, datato 1538, che raffigurava l’aquila, simbolo dell’evangelista Giovanni, con la frase dell’Apocalisse “Quis est Dignus aperire librum” e la citazione “In principio erat Verbum et Verbum erat apud Deum”. Tale stemma tuttavia nel 1960 è stato asportato da Ercole Perego, conte di Cremnago: da allora non si sa che fine abbia fatto.

Il monastero fu soppresso il 7 febbraio del 1571. All’epoca, a Vergo con Zoccorino c’erano meno di 300 persone (277 abitanti per un totale di 28 famiglie erano stati registrati tre anni prima).

Nel 1631, la località fu toccata dalla peste che aveva colpito l’intera Brianza: la sola vittima registrata fu un certo Pietro Riboldi di Cascina Navora.

Il 26 maggio del 1647, la piazza della chiesa vecchia di Vergo ospitò la cerimonia di giuramento di Tiberio Crivelli, divenuto il nuovo feudatario del paese.

Tra il 1854 e il 1855, la comunità di Vergo dovette fare i conti con un’epidemia di colera: presso la Cascina Palazzina venne istituito un ricovero per i malati

Nel corso dei secoli la popolazione era comunque cresciuta in misura significativa: nel 1861, il paese contava 826 abitanti, di cui 254 a Zoccorino e 262 a Vergo (il resto era distribuito in piccoli centri che dipendevano da Vergo).

Nel 1867, una richiesta di aggregazione di Vergo e Zoccorino a Carate venne respinta dal Consiglio Comunale, che invece deliberò di associarsi a Villa Raverio, Costa Lambro e Agliate; in realtà, dopo soli due anni il paese venne aggregato a Besana.

Il 5 febbraio del 1903 morì a Milano la marchesa Fanny Stanga, la cui salma venne trasferita a Vergo: come da lei indicato, la casa in cui aveva vissuto fino alla fine dei suoi giorni – costruita nel XVI secolo dalla famiglia Confalonieri e passata anche ai Decio prima di diventare di proprietà della famiglia Stanga – fu trasformata in un asilo. In seguito, nel 1923, la casa fu ceduta alle suore domenicane, mentre l’asilo venne trasferito in una sede nuova.

Frazioni di Besana in Brianza, l'asilo Marchesa Fanny Stanga
L’edificio che oggi ospita l’asilo dedicato alla marchesa Fanny Stanga

Nel frattempo, già nel 1906 la salma della marchesa era stata trasportata nella cappella, costruita a spesa degli eredi, progettata da Spirito Maria Chiappetta.

Il passato agricolo di Vergo Zoccorino

Fino alla metà del Novecento, la frazione di Vergo Zoccorino era a vocazione prettamente agricola.

Come riporta il volume Vergo Zoccorino due paes e un coeur sol, il raccolto locale includeva l’orzo, il mais, il frumento e il foraggio, secco o verde.

L’orzo, miscelato con la crusca e il pannello di lino, andava a costituire il mangime.

Le foglie e lo stocco del mais erano destinate al foraggio, mentre la pannocchia aveva, ovviamente, finalità alimentari per le famiglie.

Il frumento veniva raccolto a partire dalla fine di giugno. Dopo la falciatura, effettuata con il folcino (e in seguito con la macchina falcia erba trainata dal cavallo), si legavano i covoni che venivano poi disposti a forma di croce una sopra l’altro, in modo che venissero protetti dagli effetti degli agenti atmosferici. Dopo una settimana, i covoni venivano trasferiti in mucchi alti 10 metri: si diceva che venivano portati “in meda”.

In paese era presente una cooperativa di cui facevano parte tutti i contadini che possedevano bovini. Essa aveva il compito di aiutare chi si fosse trovato a dover far fronte alla malattia o alla morte del proprio animale.

D’altro canto, complice l’assenza di vaccini, le malattie dei bovini erano molto diffuse: l’afta epizootica e la leucosi, ma anche la tubercolina e la brucellosi.

I contadini erano remunerati con una cifra corrispondente al prezzo reale del bovino, che veniva definito da una commissione di allevatori.

La carne dell’animale veniva distribuita ai vari contadini in pacchi numerati: i pacchi non erano assegnati direttamente ma tramite sorteggio, al fine di evitare favoritismi.

Una parte della carne, però, era destinata a chi si occupava di macellarla e dividerla, e un’altra parte finiva al parroco, sia in segno di ringraziamento per l’annata agricola sia per invocare la buona sorte per l’anno successivo.

Il commercio di vitelli

Zoccorino era famosa anche per la compravendita di vitelli, attività che veniva svolta da alcune famiglie residenti in via IV Novembre e che proseguì fino alla Seconda Guerra Mondiale.

I vitelli venivano comprati quando avevano raggiunto un peso attorno ai 40 chili; quindi venivano allevati dai contadini della Cascina Cremonina o della Cascina Casanesca, oppure nei paesi vicini.

Ognuno di questi vitelli, denominati baliot, aveva bisogno del latte di almeno tre vacche.

Quando gli animali arrivavano a un peso di circa 120 chili, venivano ritirati e condotti al macello di Milano.

Il trasporto avveniva la sera tardi, grazie a carri (birocc) trainati da cavalli.

Vergo Zoccorino, la chiesa parrocchiale
La chiesa parrocchiale di Vergo Zoccorino oggi

Dalla via principale di Zoccorino si seguiva la strada chiamata la milanese, che passava per Costa Lambro, Carate, Seregno, Desio e Nova.

I mestieri artigianali

Non solo contadini, comunque: erano numerosi i mestieri artigianali che animavano la vita quotidiana di Vergo Zoccorino nel secolo scorso.

Ul sucurée era lo zoccolaio: gli zoccoli erano ottenuti da grandi assi in legno stagionato e poi rivestiti con tomaia in pelle.

Le scarpe si indossavano solo la domenica: il calzolaio fabbricava scarpe su misura. Il più famoso di Vergo Zoccorino era Beniamino Frigerio, e tra le sue clienti c’era anche Toti Dal Monte, soprano e attrice teatrale e cinematografica.

Ul ferée caval, cioè il maniscalco, misurava i ferri di cavallo, li modellava sulla fucina e poi li inchiodava sugli zoccoli dei cavalli, debitamente immobilizzati.

Frazioni di Besana in Brianza: la filanda di Vergo Zoccorino

In via IV Novembre, oltre ai commercianti di vitelli di cui ti ho parlato in precedenza, c’era anche la filanda, di proprietà di Natale Parravicini.

Costruita alla fine dell’Ottocento, inizialmente dava lavoro a una quarantina di donne: i soli uomini impiegati erano quelli addetti al caminon, cioè la ciminiera.

Con il tempo, la filanda diventò sempre più grande, e iniziò ad accogliere lavoratrici che venivano anche da fuori: erano le “forestiere”, provenienti soprattutto da Inzago, che per lavorare nella filanda erano costrette a trasferirsi in paese.

L’età media della manodopera femminile era molto bassa, tra gli 11 e i 25 anni.

In filanda giungevano i bozzoli provenienti dalle case contadine, per essere puliti e privati dei filamenti inutili.

In seguito essi venivano immersi all’interno di bacinelle contenenti acqua bollente, dove erano lasciati a macerare (spesso nell’acqua si metteva a cuocere anche qualche patata).

Lo scopo della macerazione era rendere i bozzoli più morbidi, poiché ciò avrebbe agevolato il dipanamento.

Le filandine, inginocchiate, dovevano districare il capo del filo dal bozzolo, aiutandosi con una spazzola ad hoc, per poi riunire tre o quattro capi di filo e inserirli in bottoni di porcellana destinati a essere attaccati all’aspo.

Pian piano si formavano così le matasse di seta. La ricerca del capofilo era spesso affidata alla scuvinera, una scopinatrice quasi sempre molto giovane. A supervisionarne il lavoro c’era una maestra, che non esitava a spruzzare addosso alle giovani dell’acqua bollente se riteneva che esse non stessero lavorando bene o stessero perdendo tempo.

Quando il filato della filanda Parravicini era pronto, veniva imballato e caricato su carri che lo portavano a Milano, dove veniva utilizzato da una ditta che produceva paracaduti per l’esercito.

L’attività della filanda proseguì fino alla metà degli anni Trenta del Novecento, quando fallì.

Frazioni di Besana in Brianza, Villa Mastracchi Cabassi
Uno degli edifici più affascinanti in cui puoi imbatterti passeggiando tra le frazioni di Besana in Brianza: la portineria di Villa Mastracchi Cabassi a Vergo Zoccorino

L’allevamento dei bachi da seta

Ma da dove arrivavano i bozzoli che venivano lavorati nella filanda Parravicini? Dalle cascine dei dintorni, principalmente.

Nelle case contadine, all’inizio di maggio, si adibivano tutte le stanze all’allevamento del bigatt, il baco da seta: a questo scopo si montavano i taul di cavalee, cioè tavole formate da piccole canne lunghe un paio di metri con intelaiatura in legno.

Qui si ponevano le uova schiuse, la summènsa, e il tepore delle stalle favoriva la schiusa delle uova.

Lo sviluppo dei bachi durava circa un mese, nel corso del quale gli animaletti si alimentavano con le foglie dei gelsi, precedentemente triturate con uno strumento chiamato trinciafoja.

Quando il bruco smetteva di nutrirsi, sui tavoli si preparava il “bosco”, cioè arbusti secchi su cui i bachi si arrampicavano per poi avvolgersi nel bozzolo che si formava intorno a un rametto: così iniziava a essere prodotto il filo di seta.

Dopo una decina di giorni, il bruco diventava burdòcch, cioè crisalide: a questo punto occorreva togliere le tavole e stufare la crisalide, che moriva dentro al bozzolo.

La stufatura avveniva all’interno di forni speciali, oppure in una stufa che veniva portata nelle cascine dal bigatèe.

Il tempismo era fondamentale: se si fosse aspettato troppo tempo, la crisalide sarebbe diventata farfalla, che per uscire all’aria aperta avrebbe perforato il bozzolo, danneggiando il filo di seta.

I bozzoli, poi, tra luglio e settembre venivano stagionati; dopodiché si procedeva alla vendita, a peso, alla filanda.

La chiesa parrocchiale di Vergo Zoccorino
La chiesa parrocchiale di Vergo Zoccorino e, sulla sinistra, l’edificio dell’asilo dedicato alla marchesa Fanny Stanga

I posti da vedere nelle frazioni di Besana in Brianza

Vergo Zoccorino è solo una delle frazioni di Besana in Brianza che vale la pena di scoprire durante una passeggiata o una gita in bici! Per conoscere le altre bellezze della città, ti basta leggere il post qui sotto, che ti segnala che cosa vedere a Besana in Brianza e dove fermarsi a mangiare nei dintorni.

Che cosa fare a Besana in Brianza: guida per turisti





Hai trovato in questo o in altri articoli del sito un’informazione errata, non aggiornata o comunque da correggere? Clicca qui sotto per scrivermi. E ricorda che puoi trovare Viaggiare in Brianza anche su Facebook, Instagram o Twitter!

Scrivimi!

Infine, mi sembra importante citare di nuovo il libro Vergo Zoccorino due paes e un coeur sol, preziosa fonte da cui ho attinto molte delle curiosità presenti in questo articolo.

Ti è piaciuto questo post? Fallo conoscere ai tuoi amici!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *