A Vighizzolo, il muro di recinzione dell’edificio che in passato ospitava la filanda è stato abbellito con un meraviglioso murale che racconta l’attività delle filandiere: donne, ragazze e bambine che nel secolo scorso erano impegnate nella produzione della seta ricavata dai bachi che venivano allevati in Brianza. Leggi il resto dell’articolo per saperne di più!
Tutto quello che ti serve sapere
Il lavoro nell’ex filanda di Vighizzolo
A Cantù, il murale dell’ex filanda di Vighizzolo riporta i versi di un celebre canto popolare lombardo ispirato alla vita delle filandiere di una volta.
“Mama mia mi sun stüfa
o de fa la filerina
ol cal e el pocch a la mattina
ol pruvin dò völt al di”.
Il cal era il calo, cioè la situazione in cui il peso della seta prodotta, sommato a quello dei rifiuti, era più basso rispetto al peso dei bozzoli che erano stati consegnati per la lavorazione: se succedeva, voleva dire che la filandiera aveva rubato qualcosa.
Il pocch, invece, era il poco: la filandiera aveva ottenuto poca seta in proporzione al quantitativo che era stato stabilito per la giornata.
Il provin, infine, era la prova, con la quale veniva esaminata la qualità del filo di seta.
Come riporta il libro Guida ai misteri e segreti della Brianza (SugarCo Edizioni), il canto proseguiva così:
“Mama mia mi sun stüfa.
Tutt ol dì a fa andà l’aspa,
voglio andare in Bergamasca
in Bergamasca a lavorar.
El mestee de la filanda
l’è el mestee degli assassini,
poverette quelle figlie
che son dentro a lavorar.
Siam trattati come cani,
come cani a la catena,
non è questa la maniera
o di farci lavorar.
Tucc me disen che son nera,
e l’è el fumm de la caldera.
El mio amor me lo diceva
di non far quel brutt mestee.
Tucc me disen che son gialda,
l’è ol filôr de la filanda,
quando poi sarò in campagna
i miei color ritornerà”.
Per le donne che lavoravano nelle filande, il canto era un modo per distrarsi dalla ripetitività del lavoro, e al tempo stesso contribuiva a rafforzare la “sorellanza”, cementando un’intesa collettiva.
Una filandiera iniziava a intonare un pezzo, e subito veniva seguita dalle altre. Si cantava dei sogni d’amore, ma non mancavano le lamentele contro il lavoro e un ambiente malsano.
Eppure ai direttori non dispiaceva che le lavoratrici cantassero: anzi, se cantavano non perdevano tempo chiacchierando.
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L’ambiente della filanda non era certo dei più piacevoli, con il cattivo odore dei bozzoli messi a macerare e in ebollizione e l’aria oppressa dal vapore acqueo.
Sull’Almanacco della Famiglia Meneghina, nel 1938 Andrea Fermini scriveva: “[…] donne e ragazze nella febbrile attività del lavoro […] come meccanizzate nel ripetersi di un ritmo di movimenti uniformi, rapidi ed ininterrotti fra il cigolare dei roteanti aspi […]”.
Si iniziava a lavorare alle sei del mattino, se non addirittura prima, e si proseguiva fino a mezzogiorno, con una pausa di un quarto d’ora per la colazione. Si ricominciava all’una del pomeriggio e si finiva alle sette e un quarto della sera; sì, perché il quarto d’ora di intervallo del mattino doveva essere recuperato, così che si potesse arrivare a 13 ore di lavoro al giorno.
Poi i canti continuavano anche la sera, sulla strada del ritorno verso casa: tutte insieme, per farsi forza e coraggio dopo una giornata di fatica, camminando lungo strade buie.
Spesso nelle filande erano impegnate anche bambine di 7 o 8 anni. Le donne più anziane guadagnavano 30 centesimi al giorno (mezza “svanzica”).
Vighizzolo, dove si trova il murale dell’ex filanda
Il murale dell’ex filanda di Vighizzolo si trova in via General Cantore 16 a Cantù.
Come arrivare
Ti piacerebbe vedere il murale da vicino e hai in mente di arrivare a Cantù in auto? Puoi lasciare la macchina nei parcheggi di via General Cantore, nelle vicinanze dell’ex filanda.
Se preferisci arrivare a Cantù in autobus, invece, puoi utilizzare la linee C45, C80 o C86 e scendere alla fermata di piazza Piave. Da qui, percorri via Toti e al primo incrocio gira a sinistra in via General Cantore; dopo poche decine di metri vedrai il murale alla tua destra.
Infine, nel caso in cui tu decida di arrivare a Cantù in treno, devi camminare per circa 3 chilometri. Uscito dalla stazione di Cantù, gira a sinistra e percorri via Vittorio Veneto. Giunto al semaforo svolta a sinistra in via Vergani; alla rotonda, prendi la seconda strada (via Brambilla), per poi andare a destra in via IV Novembre. Arrivato in fondo, gira a sinistra in via XXIV Maggio; prosegui a destra in via Alciato e poi a sinistra in via Battisti, continuando dritto in via Ginevrina da Fossano fino a quando non trovi alla tua sinistra via General Cantore. Imbocca questa strada e in breve giungerai a destinazione.
Che cosa vedere a Cantù
Il murale dell’ex filanda di Vighizzolo è solo una delle tante opere di street art che si possono ammirare a Cantù. Vuoi sapere quali sono e dove si trovano le altre? Ti basta leggere il post qui sotto, che ti spiega nel dettaglio che cosa vedere (e dove mangiare) a Cantù.
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