Capriano, Fornaci e Briosco possono rappresentare una meta diversa dal solito per una bellissima gita domenicale in Brianza. In questo articolo ti racconto alcune curiosità storiche relative a questi posti, che ti permetteranno di scoprire tantissimi dettagli sorprendenti su un piccolo e meraviglioso pezzo di Brianza incastonato tra le province di Monza, Como e Lecco.
Tutto quello che ti serve sapere
Capriano e Briosco: campanilismo e rivalità
Le località di Capriano e Briosco sono unite in un’unica realtà amministrativa dal 1869; prima di allora, i due paesi avevano avuto una storia autonoma non solo dal punto di vista amministrativo, ma anche in ambito ecclesiastico.
Il che spiega, fra l’altro, le relazioni non proprio amichevoli fra gli abitanti.
Fornaci, l’argilla e le fornaci
Al tempo dell’ultima glaciazione, una grande massa di ghiaccio scese dalle Alpi arrivando a coprire la maggior parte della Brianza.
Sotto questo imponente ghiacciaio, diversi torrenti aprivano il solco della valle.
La più grande di tutte divenne la valle del Lambro, mentre altre valli – più piccole e situate più in alto – rimasero in secca.
I torrenti sottoglaciali trasportavano grandi quantità di detriti, che generavano fanghi argillosi.
Ritirandosi, il ghiacciaio lasciò il posto a un bacino lacustre, sul fondo del quale si depositarono e si accumularono progressivamente le argille.
Il lago poi scomparve, finendo interrato, proprio per il prolungato e costante depositarsi dei fanghi.
Questo è il motivo per il quale il territorio di Fornaci era, ed è, così ricco di argille.
La peste a Briosco
Tra il 1576 e il 1577 anche la Brianza fu colpita dalla cosiddetta peste di San Carlo; non esistono, però, documenti che raccontino se e come l’epidemia abbia interessato Briosco.
Ciò che sappiamo è che fino a una cinquantina di anni fa un antico edificio situato vicino alla chiesa parrocchiale veniva indicato come Lazzaretto, il che lascia supporre che lì venissero trasferiti i malati di peste; tale edificio venne realizzato con tutta probabilità dopo il Settecento, ma non si può escludere che anche prima della sua costruzione quel luogo fosse destinato all’isolamento degli ammalati, forse in capanne realizzate con legno e paglia.
Abbiamo più notizie, invece, a proposito della peste del 1630, che a Briosco causò la morte di due persone.
Il castello di Briosco
Il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, opera di Goffredo da Bussero risalente al 1289, indica che all’epoca nel territorio brioschese sorgevano quattro chiese, dedicate rispettivamente a San Maurizio, San Gregorio, Sant’Ambrogio e San Vittore.
Una quinta chiesa era situata all’interno di un castello, ed era intitolata a San Michele.
San Michele era il santo protettore della monarchia cattolica, che aveva sconfitto l’eresia ariana e lo scisma; la sua effigie venne impressa anche sulle monete d’oro dei Longobardi.
La scelta di intitolargli una chiesa, dunque, simboleggiava la sconfitta dell’arianesimo (lo stesso dicasi per l’intitolazione a Sant’Ambrogio, altro santo che si batté senza sosta contro gli ariani).
Il castello svettava, in epoca medievale e rinascimentale, nel punto in cui sorge oggi la chiesa parrocchiale: la fortificazione si trovava in una posizione ideale per controllare non solo un’ampia porzione della valle del Lambro, ma anche le colline della media Brianza e la strada che da Briosco scendeva verso il guado di Peregallo.
È probabile che tale castello fosse munito di due torri: lo si può dedurre alla luce dei ritrovamenti avvenuti ai tempi di don Teodoro Re (che fu parroco dal 1784 al 1812) e poi nel 1950, in occasione della costruzione della nuova parrocchiale.
In passato, le torri e i castelli non solo servivano ad avvistare eventuali aggressori stranieri, ma fungevano anche da strumenti di comunicazione: il castello di Briosco, per esempio, si teneva in contatto con quello di Besana grazie alla torre situata sul colle di Guidino.
Nel 1951, in occasione dei lavori di demolizione della vecchia chiesa in vista della costruzione di quella nuova, fu ritrovato – nella zona del castello – un portale romanico in granito grigio, che venne smontato e poi ricostruito sul lato meridionale della nuova chiesa.
Capriano e don Agostino Angelero: un parroco… criminale
Tra il 1576 e il 1578 fu parroco di Capriano il sacerdote Agostino Angelero, la cui reputazione era a dir poco discutibile.
Dopo essere stato messo al bando da Venezia, egli aveva iniziato a vagabondare per la Brianza; officiò a Lurago e a Romanò, per poi giungere a Capriano, dove prese a dir messa nonostante fosse stato sospeso a divinis.
Querelato per gioco d’azzardo, il sacerdote era – secondo quanto si legge nei documenti dell’Archivio storico della Curia Arcivescovile di Milano – “seminator di discordie, colerico et di lingua maledica”, ignorante e incapace di battezzare “senza infiniti errori”.
E non è tutto. Privo di tre dita nella mano sinistra, don Angelero aveva un figlio di nome Sigismondo, che era stato condannato dal Podestà di Milano in contumacia a tre anni di galera per aver ferito un uomo in testa… e il mandante di tale delitto era stato proprio don Agostino!
Capriano e Briosco nel Seicento: i nobili Crivelli e i nobili Medici da Seregno
Nel corso del XVII secolo, gli Spagnoli – che governavano in Lombardia – avevano necessità di denaro per finanziare sia la loro corte sfarzosa che la loro imponente macchina militare.
Per raccogliere soldi, essi decisero di mettere all’asta titoli nobiliari e feudi.
Ecco, dunque, che nel 1647 le terre di Briosco, con i mulini e le cascine, vennero acquistate dal nobile Tiberio Crivelli, il cui feudo comprendeva anche i territori di Zoccorino, Santa Caterina, Vergo, Villa Raverio, Rosnigo, Calò, Ponte Albiate e Rancate.
I nobili Crivelli risiedevano a Inverigo; alla morte di Tiberio, fu il figlio Flaminio (uno dei tre eredi di Tiberio, insieme con Enea e Francesco) a ereditare il feudo di Briosco, venendo dichiarato marchese di Briosco dal re Filippo IV di Spagna.
Nel 1655 il marchese Flaminio Crivelli emanò un editto attraverso il quale si richiedeva a tutti i Comuni appartenenti al suo feudo di rendere noto il numero di persone di età compresa fra i 18 e i 30 anni in perfette condizioni di salute.
La comunità di Briosco indicò appena 9 individui, a fronte di una popolazione composta da 400 abitanti.
Il motivo? I capifamiglia brioschesi, evidentemente, erano intenzionati a sottrarsi al giuramento di fedeltà al feudatario, che rappresentava un vero e proprio atto di sottomissione.
Non entrò a far parte dei possedimenti di Crivelli, invece, il territorio di Capriano, che solo nel 1692 venne infeudato – insieme con le cascine Mornata, Ceregallo e Mombello – ad Antonio Medici da Seregno.
Capriano e Briosco tra vigneti, gelsi e campi di cereali
All’inizio del Settecento – lo sappiamo grazie alle mappe del catasto di Carlo VI e Maria Teresa che furono compilate nell’autunno del 1721 – alcuni terreni di Briosco erano di proprietà del Monastero di San Maurizio Maggiore; altri appartenevano al Monastero di San Vittore di Meda, al Monastero di San Francesco di Milano e al Monastero di Sant’Andrea di Monza.
Ma vi erano anche altre proprietà ecclesiastiche: quelle dell’Abbazia di Santa Maria di Brera di Milano, quelle del Monastero dei Santi Pietro e Paolo di Brugora e, ovviamente, quelle della parrocchia di Briosco.
Per quanto riguarda i proprietari laici, invece, il più importante possidente di Briosco era il conte Melchiorre Riva Andreotti, che viveva in quella che oggi è nota come Villa Medici, con tutta probabilità costruita proprio dalla famiglia Andreotti.
Tra gli altri possidenti, si ricordano Francesco Tornielli – a cui apparteneva fra l’altro la cascina della Mornatella – e Giovan Pietro Giussani, che possedeva la cascina e il mulino del Peregallo.
A Capriano, invece, i principali proprietari terrieri erano i Medici da Seregno, feudatari del luogo.
Le proprietà dei Medici da Seregno formavano il cosiddetto Comunetto Medici Seregno: in sostanza, un comune all’interno del comune.
I Medici da Seregno, in questo modo, erano i soli a comandare sui propri possedimenti senza dover rendere conto ad altri.
Fu proprio nel corso del XVIII secolo che a Briosco andò diffondendosi sempre di più la coltivazione dei gelsi, piante indispensabili per l’allevamento dei bachi da seta.
In molti terreni, i gelsi erano associati alle viti, per le quali fungevano anche da sostegno.
Le viti, inoltre, erano presenti anche sui ronchi, i campi situati sui fianchi delle colline.
Quella delle viti non era una coltivazione di qualità, ma – per così dire – di quantità, tendenzialmente destinata al consumo diretto.
Nel giro di pochi decenni, però, tale coltivazione a Briosco – così come nel resto della Brianza – si esaurì, con le colture che divennero sempre più deboli sia per gli scarsi rinnovi effettuati sui vitigni, sia per la poca conoscenza delle tecniche di coltura da parte dei contadini; altri fattori decisivi furono la diffusione dell’oidio e il contemporaneo avvio delle importazioni di vini piemontesi.
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Al di là di vigneti e gelsi, la maggior parte dei campi era coltivata a cereali: il granoturco, il frumento, il miglio e la segale.
Purtroppo, l’intensificarsi della presenza dei gelsi contribuì a diminuire gli spazi destinati ai cereali.
A partire dalla seconda metà del XVIII secolo, in particolare, i proprietari terrieri iniziarono a obbligare i contadini a piantare sempre più gelsi, che rappresentavano per loro la fonte di guadagno più consistente.
La maggior parte dei circa 600 abitanti di Briosco a metà del Settecento era formata, dunque, da contadini; ma c’erano anche sarti, calzolai, ferrari (cioè fabbri) e commercianti, oltre a un muratore, un falegname, un oste e a un postaro, incaricato dalla Comunità di riscuotere le tasse.
A Capriano, invece, nello stesso periodo gli abitanti erano poco più di 400: oltre ai contadini, anche due esattori delle tasse, un produttore di mattoni, un fabbro, un prestinaio, due calzolai, un sarto, due falegnami e due tessitori.
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Infine, vorrei consigliarti di leggere il libro Alla ricerca delle radici perdute. Per una storia di Briosco, Capriano e Fornaci di Domenico Flavio Ronzoni, che ti consentirà di conoscere in maniera più approfondita la storia di Briosco, e che ha rappresentato un’importante fonte di informazioni per la stesura di questo articolo.