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I mulini sul Lambro a Briosco

Erano ben numerosi, fino a due secoli fa, i mulini sul Lambro a Briosco: se vuoi conoscere la loro storia e sapere dove si trovavano, ti basta leggere il resto di questo post. Scoprirai, tra l’altro, che uno di quei mulini è sopravvissuto al trascorrere del tempo ed esiste ancora oggi: è quello di Peregallo.

I mulini sul Lambro a Briosco: il mulino di Peregallo

La storia del Lambro a Briosco è stata per molti secoli legata a quella dei mulini.

Domenico Flavio Ronzoni, nel libro Alla ricerca delle radici perdute. Per una storia di Briosco, Capriano e Fornaci, racconta che sin dal 1237 il Monastero Maggiore di Milano annoverava tra i propri possedimenti Peregallo, località brioschese in cui era in funzione un mulino.

Il più antico documento che faccia riferimento al mulino (anzi, ai mulini) di Peregallo risale al 1455, e indica i proprietari, Luisina e Gerardo Peregallo.

Nel Cinquecento, uno dei due mulini passò alla famiglia Scazzosi, mentre l’altro alla famiglia Pellizzoni; inoltre un documento del 1555 menziona un terzo mulino, di proprietà della famiglia Giussani.

A metà del Seicento, il protofisico Giovan Battista Giussani risultava proprietario anche del mulino che prima apparteneva ai Pellizzoni.

[Del protofisico Giovan Battista Giussani ti parlo anche nell’articolo qui sotto, dedicato alla storia di Villa Mazenta a Giussano: ti consiglio di leggerlo, ne vale la pena!]

Villa Mazenta a Giussano

Dagli elenchi dei proprietari in calce alle mappe del Catasto Teresiano del 1721, sappiamo che a quell’epoca Giovanni Pietro Giussani possedeva solo uno dei tre mulini di Peregallo, mentre gli altri due erano di proprietà di Tommaso Tornielli, uno dei principali possidenti di Briosco di quel periodo.

Quelli di Peregallo, comunque, non erano i soli mulini sul Lambro nel territorio brioschese.

Gli altri mulini di Briosco

Nel Quattrocento, per esempio, il Capitolo dei frati Umiliati di Santa Maria di Brera di Milano risultava proprietario di due mulini di Briosco, denominati Maglio e Ramello, che nel Settecento entrarono a far parte dei possedimenti del Seminario di Milano e nei decenni successivi cambiarono denominazione, diventando rispettivamente molino del Sasso e molino Vecchio.

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Là dove oggi sorge il complesso dell’ex Cartiera, invece, c’era il mulino Freddo: si trovava vicino al ramo più stretto del fiume, diviso da una piccola isola che era unita alle due rive con altrettanti ponticelli. Esistente già nel Cinquecento, nel XVII secolo entrò a far parte dei possedimenti delle monache del Monastero di San Vittore di Meda.

Infine, poco a sud di Fornaci c’erano i mulini della Daneda, uno dei quali esistente almeno dal XVI secolo. Questo impianto molitorio appartenne per lungo tempo alla famiglia Giussani; nella seconda metà del Seicento, la proprietà passò ai Gallarati, i quali di fronte all’edificio realizzarono un altro mulino. Nel secolo successivo, uno dei due mulini andò distrutto; l’altro fu ceduto prima ai marchesi Airoldi e poi alla famiglia Besana. Infine, nell’Ottocento, la proprietà passo a un certo Vittore Annoni.

Mulini sul Lambro: com’era la vita dei mugnai?

Di solito i mulini venivano realizzati lungo la riva di un fiume (il Lambro, in questo caso), anche se quasi sempre ad azionare le ruote era una roggia, cioè un canale artificiale derivato dal corso d’acqua.

Il deflusso delle acque dal fiume alla roggia era consentito dalla chiusa, che serviva a ostacolare il flusso della corrente del corso d’acqua.

Costruire e gestire un mulino richiedeva un investimento consistente, comunque destinato a essere ripagato nel tempo grazie alle rendite significative che ne derivavano.

In epoca medievale, il funzionamento dei mulini era monitorato dai campari, pubblici ufficiali che dovevano – tra l’altro – verificare che le acque venissero utilizzate in modo appropriato.

Il contratto di affitto di un mulino di solito non durava più di nove anni; il locatario doveva al proprietario cereali (segale e miglio, soprattutto; anche frumento a partire dal Quattrocento), maiali, oche e uova di gallina. Spettava al locatario portare direttamente tali beni a casa del proprietario.

Oltre all’attività molitoria, i mugnai si dovevano occupare dei campi circostanti e, soprattutto, della manutenzione degli impianti, che richiedevano frequenti riparazioni a causa delle piene del Lambro.

I mugnai poco onesti purtroppo non mancavano: c’era chi provava a frodare i propri clienti trattenendo una quantità di grano o di farina maggiore rispetto a quanto consentito dalla legge; chi bagnava la farina, in modo da farla pesare di più; e chi la mescolava a farina proveniente da altri cereali, se non addirittura a sostanze non commestibili.

Ecco perché i mugnai spesso venivano visti dalla popolazione con sospetto, come rivela un antico proverbio brianzolo: Ul murnè de la bela farina cunt i oeucc la varda, cunt i man la rampina (“Il mugnaio della bella farina la guarda con gli occhi e la porta via con le mani”).

I mulini sul Lambro a Briosco oggi

Di tutti i mulini di cui abbiamo parlato, l’unico sopravvissuto fino ai giorni nostri è quello di Peregallo. Tale impianto sfrutta le acque di un canale derivato dal Lambro.

Che cosa vedere a Briosco

Il mulino di Peregallo può essere il punto di partenza ideale per una passeggiata tra le strade e i sentieri di Briosco. Non sai dove andare? Non preoccuparti: nel post qui sotto trovi un itinerario dettagliato che ti indica come raggiungere tutti i posti da non perdere in paese.

Che cosa fare a Briosco: guida per turisti





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