Fulvio Collovati è cresciuto a Limbiate, è diventato campione del mondo, ha vissuto vicino al Parco di Monza per anni e si è innamorato dei paesaggi della Brianza lecchese: a me sono sembrati motivi più che sufficienti per intervistarlo! Nelle prossime righe scoprirai ciò che mi ha raccontato a proposito dei suoi luoghi del cuore.
Vincitore di uno scudetto e di una Coppa Italia, ma – soprattutto – campione del mondo con la Nazionale a Spagna ’82: Fulvio Collovati è uno dei simboli del calcio italiano. La sua storia personale è profondamente legata alla Brianza, ed è di questo che abbiamo parlato.
Fulvio, grazie per aver accettato questa intervista. Tu sei nato in Friuli ma sei cresciuto in Brianza, vero?
“Sì, quando ero ancora bambino la mia famiglia si è trasferita a Limbiate: ho vissuto a Villaggio dei Giovi da quando avevo 7-8 anni”.
Parentesi: Villaggio Giovi è una frazione di Limbiate che nella seconda metà del secolo scorso ha accolto numerose famiglie provenienti dal Friuli. All’inizio degli anni ’70 fu creata l’associazione Fogolar, nata come punto di incontro e di aggregazione per i friulani in Lombardia; tra i consiglieri aggiunti c’era anche Stefano Collovati, papà di Fulvio.
Quindi hai trascorso la tua adolescenza in Brianza.
“Non proprio. Quando avevo 13 anni sono stato preso dalle giovanili del Milan. Quindi tre volte alla settimana, finita la scuola prendevo il tram e andavo a Milano per gli allenamenti, fino a Linate. Tornavo a casa alle otto e mezzo di sera: una vita di grande sacrificio per anni, molto faticosa. Intorno ai 16 anni, poi, ho deciso di andare a Milanello in una specie di pensionato, dove si studiava e ci si allenava”.
Come sei arrivato al Milan?
“La mia vita calcistica è iniziata all’oratorio di Villaggio Giovi. Da bambino, dopo essere uscito da scuola andavo a casa a mangiare e poi subito all’oratorio a giocare. Tutti i giorni, fino alle otto di sera. E mentre giocavo all’oratorio mi hanno notato. Un tempo andava così, gli osservatori frequentavano gli oratori, la ‘strada’”.
Era un calcio diverso.
“Tempi diversi, in generale. La nostra piccola evasione di bambini era cercare campi di periferia, a Limbiate o a Varedo. Un paio di magliette per fare i pali, e via. Quelli sono i luoghi del mio cuore, lì ho passato gli anni più belli della mia vita, erano gli anni della spensieratezza. Sembra facile dirlo dopo che ho realizzato tutti i miei sogni: è vero, da calciatore ho vinto, ma da adulto sei pieno di responsabilità. Da bambino, invece, non hai preoccupazioni”.
Com’era Limbiate a quei tempi?
“Una volta erano tutti campi, poi l’edilizia ha distrutto tutto. Stiamo parlando di 50 anni fa, dopotutto. Anche la vita era diversa: ho passato i miei anni da bambino con gli amici nei campi più sperduti, adesso nelle periferie c’è da aver paura”.
E a Città Satellite andavi?
“Fino ai 10 anni ci sono cresciuto, a Città Satellite. Ricordo le giostre, la gente che veniva da fuori apposta: era un punto di riferimento per tutti i bambini. Adesso anche quel posto è una tristezza”.
Sei più tornato a Limbiate?
“I miei genitori hanno passato la loro vita lì, quindi ci sono tornato sempre, fino a quando non sono venuti a mancare, prima mia mamma e poi mio papà. Ogni tanto cercavo di ritrovare le strade che facevo in bicicletta o a piedi quando ero ragazzino, ma non ci riuscivo. Facevo fatica a riconoscere i ‘miei’ campi, devastati da costruzioni di una straordinaria bruttezza”.
Il tuo rapporto con la Brianza, però, non si limita a Limbiate.
“Tra il 1982 e il 1986, quando giocavo nell’Inter, ho vissuto a Monza, in via Albinoni, a pochi passi dal Parco; se vivessi ancora lì andrei spesso a correrci, ma ai tempi lo frequentavo poco, anche perché ovviamente mi allenavo con la squadra. Inoltre, una ventina di anni fa ho iniziato a trascorrere spesso le vacanze nella Brianza lecchese”.
Dove?
“Avevo preso una cascina in affitto nel complesso di Villa Moriggia a Calco Superiore. Il proprietario era Jacopo Castelfranchi, capo della GBC e mio dirigente quando stavo al Milan. La tenuta era fantastica, in una zona meravigliosa tra campo da calcetto, mucche, cavalli e piscina. La domenica andavo lì con la famiglia e mi rilassavo in mezzo alla campagna. Stiamo stati lì per 6 o 7 anni, poi i figli crescendo sono stati sempre più restii a venire”.
Quali altre location ami da quelle parti?
“Quando stavo a Calco andavo spesso a correre al lago di Sartirana. E poi Montevecchia, ci sono tornato anche l’anno scorso con mia moglie. Fantastico: il panorama, il santuario, la vista su Milano, i ristoranti”.
Ora tu vivi a Milano.
“Sai, raggiunta una certa età si preferisce rimanere in città, avere tutti i servizi a disposizione, sapendo che hai sempre una possibilità di evasione e uno sfogo a pochi chilometri di distanza. Noi come tutti i milanesi il weekend cerchiamo di evadere, andare in campagna o al lago”.
E con la ‘tua’ Brianza che rapporto hai?
“Grande nostalgia, grande affetto, grande riconoscenza. Non possono non essere riconoscente nei confronti del luogo che mi ha forgiato. Ma riconosco che erano altri tempi: non c’era emarginazione, non c’erano cattive compagnie. La vita da bambini era giocare a flipper al bar, frequentare l’oratorio, andare a catechismo e giocare a calcio in compagnia degli amici. Adesso se avessi un figlio di 10 anni non lo lascerei mai andare in giro da solo”.
Grazie, Fulvio!
Trovi interessanti i contenuti di Viaggiare in Brianza? Se vuoi, hai la possibilità di sostenermi con una piccola donazione cliccando qui sopra.
Visto che in questa intervista abbiamo parlato di Limbiate, che ne dici di saperne di più regalandoti un tour virtuale della città con il post qui sotto?
Qui, invece, ti segnalo che cosa vedere a Calco, come arrivare e dove mangiare: tienine conto per una gita in Brianza!
Infine, per sapere chi sono o per contattarmi, ti basta cliccare qui sotto.
Scrivimi se:
- ti va di darmi un consiglio;
- hai trovato un errore e desideri segnalarmelo;
- ti piacerebbe collaborare con me;
- vuoi che un contenuto presente su questo sito venga rimosso o modificato.